È finita! la Milano fashion week ss23 è giunta al termine e queste sono le review degli ultimi due giorni di sfilate milanesi secondo Giuseppe Di Rosalia
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MSGM porta in passerella la peggiore collezione di sempre. Il designer, Massimo Giorgetti dice di aver pensato a questa collezione lo scorso giugno e sostiene che essere liberi di sposarsi con chi si vuole sembra un bellissimo messaggio alla vigilia del voto. Non ha torto, sicuramente è un messaggio bellissimo ma la collezione non lo è per niente.
In scena una sposa alla Uma Thurman in Kill Bill, la passerella si apre sull’abito di tulle bianco con piccolo velo in testa ma abbinato ai denim con applicazioni di plastica. Il tulle diventa poi minigonna o abito a bambola, portato con le calze o i leggings di pizzo con le ruche, mentre le fedi si trasformano in applicazioni sul completo 3 pezzi giacca, crop top e culotte.
C’è spazio anche per la sposa in nero, omaggio a Truffaut, mentre la biancheria intima da prima notte di nozze diventa stampa di T-shirt e felpe. Agghiacciante.
Partendo dal fatto che per me Ferragamo fa scarpe (e questo dovrebbe continuare a fare) posso dire che il debutto di Maximilian Davis alla Milano Fashion week nel ruolo di direttore creativo del brand fiorentino non è stato male.
Lo stilista tenta l’approccio fresco e moderno alla dimensione del lusso fondendo la semplicità contemporanea con le origini toscane per un tributo alla città di origine del brand. In passerella il glamour lento e languido della nuova Hollywood rotto da bagliori di feticismo. Bene ma non benissimo.
Dolce&Gabbana per la prossima primavera/estate affidano a Kim Kardashian le chiavi dell’archivio storico del brand e quel che ne viene fuori è una lezione di storia della moda per i millennials.
Dal 1987 al 2007, 85 pezzi selezionati da Domenico Dolce e ri-selezionati da Kim Kardashian, Ogni singolo look racconta di uno stile e della sua coerenza, sostantivo che non si può certo affibiare ai due designer che solo qualche anno fa schifavano pubblicamente la famiglia Jenner-Kardashian.
Ad ogni modo, vedendo la sfilata con quei pezzi viene in mente la domanda ma come facevano ad essere così cool? Nonostante sia un best of, il duo di stilisti hanno consegnato all’oggi collezioni di ieri assolutamente attuali e desiderabili. Stessi tagli, stesse proporzioni, stessi materiali che suscitano lo stesso desiderio, vent’anni dopo. Solo per questo, Bravi.
Matthieu Blazy con la sua sfilata per Bottega Veneta ricorda a tutti quanto è bella la moda, quanto è bello saper fare, leggere e interpretare i vestiti che diventano pensieri, idee, ossessioni.
In passerella l’eleganza incontra l’utilità che vede un’infiltrazione nel quotidiano di materiali e tecniche significative che possono essere realizzate solo attraverso il mestiere tradizionale degli artigiani negli atelier italiani.
Una collezione preziosa cha ha dato vita a un’eleganza discreta fatta di pezzi dai tessuti sartoriali in cotone-seta, pieni e annodati che sono una nuova interpretazione del boucle, e la tensione del mouliné ritorto in colori contrastanti, fino alle “cuciture alte” dei fiori di Venini della metà del secolo scorso sugli abiti “lampadario”. E poi Kate Moss che reinterpreta il grunge versione 2023. Pazzesco.
A chiudere la fashion week di Milano è il giovanissimo e psichedelico Matty Bovan.
Bovan è l’ultimo talento emergente a “godere” della generosità di Domenico Dolce e Stefano Gabbana. che gli hanno prestato le loro sarte, condiviso risorse di produzione, messo soldi per la presentazione e gli hanno prestato le ristampe d’archivio, ma non sono stati coinvolti nel suo processo.
Nessuno che abbia mai visto una sfilata di Bovan a Londra potrebbe dubitare che eserciti la sua libertà creativa. Ma a Milano ha spiccato davvero la sua irrefrenabile estetica.
Lo stile di Bovan oscilla tra riferimenti vittoriani, couture e cultura underground. In un mix tra upcycling di tessuti esistenti, gioielli di cartapesta, materiali insoliti impiegati all’interno della costruzione dei suoi abiti dalle dimensioni importanti.
I corsetti sono dipinti con un motivo a scacchiera, jeans tagliati hanno applicato dei ricami ad uncinetto, sciarpe lavorate a maglia jacquard in lana d’agnello, cavi telefonici vintage e paillettes realizzate con il 30% di tessuto riciclato. Artigianalità, responsabilità e una voglia di vestirsi a contrasto, tra street e gala dressing. Senza limitazioni. Bravissimo.
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